Ciao Gabriele
Se le foglie potessero parlare, ne avrebbero da raccontare: prese a ramazzate ogni autunno dalla metà di settembre a novembre inoltrato. Attivo, come ogni friulano che si rispetti, dalla mattina presto Gabriele, per tutti Gabo, ci accoglieva così: col soffione in mano o con la scopa a tener pulito il vialetto d’accesso della scuola. E da come impugnava la scopa si poteva individuarne l’umore, perlopiù nuvoloso perché era entrato nel personaggio ruvido e brontolone, specialmente il lunedì quando si dovevano commentare i risultati delle partite e il suo Milan non era andato bene. E poi si rintanava nel suo nido nel settore delle palestre: si posizionava nel suo banco, sempre specchiato e ordinato, e da lì sorvegliava l’andirivieni dei ragazzi, sempre pronto a scherzare con loro, ma anche a sgridarli, quando necessario. Nei tempi morti si dilettava con i Sudoku e riscriveva gli orari degli insegnanti di ginnastica – ginnastica, non educazione motoria – con la sua bella grafia, grande e un po’ infantile, perché, dietro le imprecazioni che divertivano tanto i ragazzi e l’aspetto burbero, c’era un bambinone dal cuore d’oro. Lo si percepiva quando era in buona dalla sua voglia di abbracci oppure quando lo incontravi il sabato pomeriggio in centro vestito di tutto punto e ti invitava a mangiare il gelato, come fossimo degli adolescenti. O anche con la sua discrezione d’altri tempi, quando partecipava a tutte le occasioni liete e tristi di noi professori e soprattutto delle colleghe di ginnastica, la sua famiglia allargata, con cui faceva finta di litigare, ma voleva loro un gran bene e a noi tutti. Sarà un po’ più spoglio il viale d’accesso della scuola e un po’ più vuoto il nostro mondo. Ciao Gabo