Amore: medicina integrata
“La medicina non si fida dell’amore”. Affermazione importante quella di Giovanni Stanghellini, psichiatra e psicoterapeuta, nonché uno dei relatori, insieme a Maria Giovanna Luini, libera professionista presso il Centro di Riferimento Oncologico di Milano, dell'incontro "Insieme ai pazienti. Perché la Medicina non può fare a meno del dialogo”, tenutosi il 20 settembre 2018, alle ore 16, presso l’Auditorium dell’Istituto Vendramini di Pordenone.
L’amore: presenza quasi demoniaca in campo medico. Perché? Viene definito come elemento di disturbo, che è in grado di cambiare le carte in tavola, ma che nello stesso tempo nella cura di un paziente è essenziale.
Entrambi i relatori ritengono che amare e non amare un paziente richieda esattamente lo stesso tempo; allora tanto vale esporsi e rischiare. Non si tratta di un amore nato da Eros, bensì dalla voglia di intimità, dal desiderio di salvare la persona che si ha di fronte, rischiando però spesso di condurla a morte.
In medicina oggi non si può parlare per mezzo di categorie, bisogna guardare al “motore informe delle nostre azioni”, senza lasciare che i pregiudizi ci comandino, senza diventare “homo economicus”, ovvero senza pensare ai pro e contro delle nostre relazioni.
Al giorno d’oggi non si può lasciare un paziente da solo, c’è bisogno di trovare un piano comune di comunicazione. Bisogna spiegargli il perché e renderlo partecipe del suo processo di cura.
Oggi non si parla più di medicina alternativa, bensì di medicina integrata: una medicina ampliata e non sostitutiva, in grado di guardare al benessere del paziente.
Chi ha detto quindi che l’amore non genera benessere?
Francesca D’Amelio